Maggio 2016
La Corte di giustizia si esprime in tema di scioglimento del raggruppamento temporanea di imprese in corso di gara, ammettendo la sostituzione con la singola impresa rimasta
Corte di giustizia 24 maggio 2016, causa C‑396/14, Pres . K. Lenaerts, rel. E. Juhász
Appalti pubblici – Procedura negoziata – Invito – Precedente raggruppamento – Fallimento di una società – Aggiudicazione all’altra – Ammissibilità.
Il principio di parità di trattamento degli operatori economici, di cui all’art.10 della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, in combinato disposto con l’art. 51 della medesima, deve essere interpretato nel senso che un ente aggiudicatore non viola tale principio se autorizza uno dei due operatori economici che facevano parte di un raggruppamento di imprese invitato, in quanto tale, da siffatto ente a presentare un’offerta, a subentrare a tale raggruppamento in seguito allo scioglimento del medesimo e a partecipare, in nome proprio, a una procedura negoziata di aggiudicazione di un appalto pubblico, purché sia dimostrato, da un lato, che tale operatore economico soddisfa da solo i requisiti definiti dall’ente di cui trattasi e, dall’altro, che la continuazione della sua partecipazione a tale procedura non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.
Con la decisione in epigrafe la Corte di giustizia affronta la questione relativa alla compatibilità con il diritto europeo del subentro di una della società costituenti un originario raggruppamento temporaneo, in caso di scioglimento del raggruppamento stesso per fallimento dell’altra società.
La conclusione cui perviene la Corte – basata sui principi del trattato in assenza di specifiche disposizioni nelle direttive – è positiva, seppur soggetta alla verifica di due condizioni.
Da un lato, occorre che l’impresa rimanente sia in possesso – da sola – dei requisiti necessari per l’ammissione alla procedura di gara in questione; e tale presupposto appare di facile soluzione e verifica.
Dall’altro lato, occorre che la continuazione della sua partecipazione a tale procedura non comporti un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza. Sotto questo secondo versante la sentenza in esame non fornisce indicazioni esemplificative, fermo restando che tale presupposto appare di per sè di non facile ed immediata verifica concreta. Peraltro, la soluzione indicata viene basata espressamente, dalla Corte, sul principio della massima apertura al mercato: in tale ottica, secondo la sentenza, la formale identità giuridica e sostanziale tra gli operatori economici preselezionati e quelli che presentano le offerte può essere attenuata al fine di garantire, in una procedura negoziata, un’adeguata concorrenza.
Nella giurisprudenza nazionale è possibile individuare indicazioni di maggiore rigore in materia, quantomeno nella fase anteriore all’esecuzione.
E’ stato sul punto affermato che “Nelle gare pubbliche il divieto di modificare la composizione dei partecipanti raggruppamenti temporanei d’imprese riguarda l’intero arco della procedura di evidenza pubblica, mentre le eccezioni contemplate dall’art. 37, commi 18 e 19, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e concernenti il fallimento del mandante e del mandatario, la morte, l’interdizione o inabilitazione dell’imprenditore individuale, nonché le ipotesi previste dalla normativa antimafia, riguardano evenienze relative alla successiva fase dell’esecuzione del contratto” (Cons. St., sez. V, 20 gennaio 2015, n. 169); “nelle gare pubbliche ogni eccezione al principio di immodificabilità dell’offerta e della composizione dei partecipanti dopo l’offerta non può che essere applicata restrittivamente alle sole ipotesi espressamente disciplinate dal legislatore, tra le quali non rientra il caso del fallimento della mandataria di una ATI intervenuto in corso di gara” (Tar Piemonte, sez. I, 15 maggio 2015, n. 818).