LO SVILUPPO DEL TRASPORTO SU FERRO E LA SICUREZZA NEI CANTIERI AI TEMPI DEL COVID-19
L’attuale stato di emergenza sanitaria ha imposto in tutti i settori, sin dall’inizio della pandemia, l’adozione di misure finalizzate a contrastare la diffusione del virus Covid-19.
Gli esperti virologi, seppur in un contesto inizialmente caratterizzato da incertezze dovute all’assoluta novità del fenomeno, hanno unanimemente individuato i necessari mezzi di contrasto al contagio, nell’adozione di misure quali il distanziamento interpersonale, l’utilizzo di mezzi di protezione individuali, la sanificazione degli ambienti ed il costante controllo finalizzato ad individuare i soggetti mostranti sintomi di infezione, di modo da isolarli opportunamente al fine di limitare il diffondersi e lo sviluppo esponenziale della contaminazione.
Tali esigenze, dopo un primo momento di integrale sospensione dei lavori nei cantieri, che hanno tra gli altri coinvolto i numerosi interventi in corso per la realizzazione della imponente rete metropolitana della Regione Campania, hanno generato l’adozione di un rigido protocollo operativo, gradualmente definitosi, nel settore in esame, a partire dal 14 marzo 2020, aggiornato il 24 aprile 2020, allegato 13 al DPCM 17.5.2020 e confermato da ultimo nel DPCM 3 dicembre 2020.
Gli approntamenti e le attività previste dal protocollo per la prosecuzione in sicurezza delle attività nei cantieri sono molteplici e non è questa la sede per riportarne una elencazione, la cui natura squisitamente tecnica esulerebbe dal contesto della presente disamina.
Ciò che invece rileva è la constatazione che i meri “costi della sicurezza” indotti dal rispetto dei protocolli, trasfusi nell’ambito dei piani operativi di sicurezza di ogni cantiere, così come previsto al punto 5 dell’allegato 7 del DPCM 26 aprile 2020, costituiscono solo una parte – e neanche la più rilevante – delle conseguenze connesse alla dovuta adozione degli indicati approntamenti.
Sin dall’approvazione, avvenuta il 18 giugno scorso, ad opera della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, delle “Linee di indirizzo sicurezza e salute nei cantieri di opere pubbliche in emergenza Covid-19”, ma anche come confermato dai provvedimenti assunti da alcune regioni italiane (cfr. tra gli altri i prezziari Lombardia ed Abruzzo), il costo degli approntamenti materiali (mascherine, indumenti, termo-scanner, locali separati, ecc.) e delle attività (controllo accessi, presidio medico, sanificazioni, distanziamento interpersonale, ecc.) occorrenti per evitare la diffusione del virus, non esauriscono le conseguenze connesse alle modalità operative indotte dall’attuale stato emergenziale.
Basti al riguardo pensare, tra l’altro, alla minor produttività delle maestranze, che devono sottrarre al lavoro i tempi occorrenti al rispetto dei protocolli operativi, alle ripetute assenza connesse ai contagi che si verificano ed alle conseguenti sospensioni delle lavorazioni per isolamento dei soggetti venuti in contatto, analisi e sanificazioni, alle ridotte possibilità operative del personale, indotte dal distanziamento e dall’uso dei dispositivi di sicurezza, alle difficoltà degli approvvigionamenti connesse alla limitata produttività anche dei fornitori.
Tutte queste circostanze, unite ad altre di agevole comprensione, hanno indotto al riconoscimento, stigmatizzato nelle fonti innanzi indicate, del diritto degli esecutori ad essere ristorati, non solo dei predetti “costi della sicurezza”, bensì anche degli specifici “oneri della sicurezza” sopra esemplificati, mediante una maggiorazione indifferenziata delle spese generali sul prezzo dei lavori, in un range che ITACA, organo tecnico della indicata Conferenza, ha individuato tra lo 0,5 ed il 4%.
Tale riconoscimento, in disparte ogni valutazione circa la sufficienza o meno della relativa misura, si fonda sulla circostanza che gli oneri aziendali della sicurezza costituiscono normalmente una aliquota delle spese generali e sono quindi coperti dai prezzi di appalto, nella misura in cui contengono tali spese.
Quando però, come nel caso in esame, durante il corso dei lavori sopraggiungono, per ragioni inascrivibili alla responsabilità dell’esecutore, circostanze tali da incidere notevolmente sullo sviluppo delle lavorazioni, non appare eludibile la necessità di una modifica del programma esecutivo, peraltro con salvezza di eventuali sospensioni in ipotesi di contagio dei siti di lavorazione, nonché di un adeguato ristoro dei maggiori costi ed oneri gravanti sulle imprese, vuoi per la indotta ridotta produttività, vuoi per il conseguente prolungamento degli impegni.
La resistenza al riconoscimento di tali ristori, alla quale si assiste attualmente da parte di numerose Amministrazioni committenti, ancorché spesso indotta dalla incapienza dei quadri economici degli interventi, rischia di tradursi in uno squilibrio del sinallagma contrattuale delle varie commesse che, oltre a degenerare in un inevitabile incremento del contenzioso, potrebbe portare ad una disincentivazione della corretta adozione delle misure anticontagio, nella misura in cui, allo stato, si traducono di fatto in un danno alle imprese non ristorato.
Appare quindi evidente l’estrema urgenza di una adeguata regolamentazione del fenomeno a livello nazionale che, arginando da un lato la eventuale strumentalizzazione speculativa del particolare periodo che stiamo vivendo, eviti però dall’altro di scaricare integralmente sul tessuto produttivo le conseguenze di un vero e proprio stravolgimento operativo, al quale stiamo assistendo nell’organizzazione dei cantieri aperti precedentemente all’insorgere dell’emergenza epidemiologica.
Seppur nella consapevolezza che tale regolamentazione sconterà necessariamente l’impossibilità di adottare regole indifferenziate, attesa la peculiarità delle specifiche lavorazioni e la diversa incidenza sulle stesse delle misure prescritte nei relativi protocolli operativi, sarebbe comunque auspicabile l’adozione di una regola che, seppur entro un range eventualmente variabile – magari in ragione della maggiore o minore incidenza della mano d’opera – costituisca un intervento strutturale volto al duplice scopo, di incentivare l’adozione di tutte le cautele preposte ad assicurare la salute degli operatori, senza però abbandonare le imprese ad un annunciato squilibrio delle condizioni contrattuali, che, prima o poi, dovrebbe inevitabilmente trovare composizione in sede contenziosa, con ogni connessa conseguenza, in termini di incertezza dei destini delle imprese di costruzione e di tutte le opere pubbliche attualmente in fase di realizzazione.
Tale esigenza è peraltro vieppiù ineludibile nella misura in cui, specie nell’attuale fase di programmazione indotta dalla opportunità di fruire di ingenti risorse comunitarie, sarebbe estremamente inopportuno e pericoloso omettere l’adozione di regole certe e di pronta attuazione, la cui assenza innesterebbe inaccettabili rischi – vuoi per gli operatori, vuoi per gli Enti committenti – in un settore tradizionalmente trainante dell’economia nazionale.