LE SEZIONI UNITE PONGONO FINE AL CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE DELLA II SEZIONE IN TEMA DI NULLITÀ DELL’ATTO DI COMPRAVENDITA DI IMMOBILI ABUSIVI
Chiamata a pronunciarsi a Sezioni Unite sulla nullità del contratto di vendita di immobile abusivo la Corte di Cassazione, con Sentenza 22.03.2019 n. 8230, ha fornito un orientamento in parte difforme ed innovativo rispetto alla precedente giurisprudenza, sostenendo la validità dell’atto dispositivo purché siano stati forniti dall’alienante gli estremi del titolo abilitativo.
Occorre premettere che, diversamente dalla precedente disciplina di cui all’art. 10 Legge n. 10/1977, la quale prevedeva una nullità relativa deducibile solo da parte di chi, ignaro dell’abusivismo dell’immobile, lo avesse acquistato in buona fede, la normativa in esame delinea una nullità dell’atto dispositivo che, avulsa da ogni considerazione in merito alla buona fede dell’acquirente, appare configurabile come assoluta.
Più in particolare, la statuizione muove dagli artt. 17 (confluito nell’art. 46 D.P.R. n. 380/2001) e 40 della Legge n. 47/1985, disposizioni, che inserendosi nel quadro normativo volto a disincentivare l’abusivismo edilizio nonché a tutelare l’affidamento dell’acquirente, prevedono l’obbligo formale per l’alienante di indicare gli estremi della concessione o dell’istanza di sanatoria pena la nullità dell’atto dispositivo.
In primo luogo la Cassazione ha, sulla base dell’art. 46.2 D.P.R. 380/01, individuato tre condizioni necessarie ai fini della convalida della nullità in questione. Posto che il contratto è sanabile nella sola ipotesi in cui l’omessa dichiarazione non sia dipesa dall’insussistenza del titolo abilitativo, le SS.UU. deducono in primis la necessaria esistenza del titolo, la veridicità della dichiarazione nonché, come già affermato dalla stessa Corte, la riferibilità del titolo all’immobile oggetto di atto dispositivo (cfr. Cass. 20258 del 2009).
Quanto alla natura della nullità comminata dalla normativa su richiamata, le Sezioni Unite, nel dirimere l’annosa questione, hanno ritenuto di doverla inquadrare nell’alveo dell’art. 1418, comma 3 c.c., puntualizzando altresì che trattasi, oltre che di una nullità di natura formale, di una particolare species di nullità testuale idonea ad incidere unicamente sull’atto dispositivo delle parti.
In definitiva, le SS.UU. hanno, con la Sentenza in rassegna, espresso un parere diametralmente opposto rispetto la precedente giurisprudenza, affermando che “in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”.