Gennaio 2018: Alla Corte di giustizia UE la disciplina del nuovo codice degli appalti che fissa il limite del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto per il ricorso al subappalto

Gennaio 2018: Alla Corte di giustizia UE la disciplina del nuovo codice degli appalti che fissa il limite del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto per il ricorso al subappalto

22 Gennaio 2018

Tar Milano, sez. I, ord., 19 gennaio 2018, n. 148 – Pres. De Zotti, Est. Marongiu

Contratti pubblici – Subappalto – Limite del trenta per cento – Disciplina nazionale – Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE
            Va rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture (1).

(1) I.- Con l’ordinanza in epigrafe la sezione I del T.a.r. per la Lombardia ha rimesso alla Corte dell’Unione europea una delicata questione in tema di compatibilità dei limiti nazionali al subappalto, fissati nel trenta per cento dell’importo complessivo del contratto di appalto messo a gara, con i principi eurounitari di proporzionalità, libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi.

  1. La questione è sorta nell’ambito di un contenzioso avviato da un’impresa esclusa da una procedura ristretta, indetta ai sensi dell’art. 61 del codice degli appalti n. 50/2016 per l’affidamento dei lavori di ampliamento di una corsia autostradale. In particolare l’impresa è stata esclusa dalla procedura di gara per aver superato la percentuale del 30% prevista come limite al subappalto dalla normativa nazionale.

Nel ricostruire il quadro ordinamentale partendo dalla disciplina originaria introdotta nel 1990, l’ordinanza mette in luce le conclusioni raggiunte dal parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di decreto correttivo – n. 56 del 2017 – al nuovo codice dei contratti (Com. spec., 30 marzo 2017, n. 782/2017), in cui il Consiglio – dopo aver dato atto della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla direttiva previgente secondo cui il diritto europeo non consente agli Stati membri di porre limiti quantitativi al subappalto – ha precisato che la nuova direttiva 2014/24 consente agli Stati membri di dettare una più restrittiva disciplina del subappalto, avendo introdotto finalità che finora erano state specifiche della legislazione italiana, ossia una maggiore trasparenza e la tutela giuslavoristica. E’ in tale contesto, secondo il parere del Consiglio di Stato, che andrebbero vagliate e giustificate, tali restrizioni: da un lato, alla luce dei principi di sostenibilità sociale che sono alla base delle stesse direttive, e dall’altro lato, alla luce di quei valori superiori, declinati dall’art. 36 TFUE, che possono fondare restrizioni della libera concorrenza e del mercato, tra cui, espressamente, l’ordine e la sicurezza pubblici.

III.- Nel richiamare la stessa giurisprudenza della C.g.e., resa peraltro su fattispecie soggette alle previgenti direttive, il T.a.r. di Milano sottopone alla medesima Corte, la questione della compatibilità dell’art. 105, comma 2, terzo periodo, del nuovo codice, rispetto ai principi e alle regole ricavabili dagli articoli 49 e 56 TFUE e dall’art. 71 della nuova direttiva 2014/24/UE.

Secondo l’ordinanza di rimessione in esame, la previsione del limite generale del 30% per il subappalto, con riferimento all’importo complessivo del contratto, sia per il contratto di lavori, sia per quello di servizi e forniture, impedendo agli operatori economici di subappaltare a terzi una parte cospicua delle opere (70 %), può rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici, così ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e precludendo, peraltro, agli stessi acquirenti pubblici l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate.

Inoltre, dopo aver richiamato il principio di proporzionalità, il T.a.r. dubita che la misura della limitazione quantitativa del subappalto al 30 % dell’importo complessivo del contratto possa rappresentare lo strumento più efficace ed utile al soddisfacimento dell’obiettivo di assicurare l’integrità del mercato dei contratti pubblici. Analogamente, tale misura risulterebbe sproporzionata, anche avuto riguardo alle finalità di deterrenza dall’infiltrazione criminale in quanto già oggetto di adeguata considerazione dalle attività interdittive affidate ai Prefetti, espressamente destinate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel Paese.

  1. Sulla disciplina del subappalto, si segnala:
  1. Corte di giustizia dell’UE, sez. III, 14 luglio 2016, C-406/14, Wroclaw, in Foro it., 2016, IV, 389, secondo cui: “la disciplina europea in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, rappresentata ratione temporis dalla direttiva 2004/18/CE, come modificata, deve essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie. Inoltre, l’’art. 98 del regolamento (Ce) 1083/2006 del consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul fondo europeo di sviluppo regionale, sul fondo sociale europeo e sul fondo di coesione e che abroga il regolamento (Ce) 1260/1999, in combinato disposto con l’art. 2, punto 7, dello stesso, deve essere interpretato nel senso che il fatto che, nell’ambito di un appalto pubblico di lavori relativi ad un progetto che beneficia di un aiuto finanziario dell’Unione, l’amministrazione aggiudicatrice abbia imposto che il futuro aggiudicatario esegua almeno il venticinque per cento di tali lavori avvalendosi di risorse proprie, in violazione della direttiva 2004/18, costituisce un ‘”irregolarità” ai sensi di detto art. 2, punto 7, che giustifica la necessità di applicare una rettifica finanziaria ai sensi di detto art. 98, nei limiti in cui non possa escludersi che tale violazione abbia avuto un effetto sul bilancio del fondo interessato; l’importo di tale rettifica deve essere determinato tenendo conto di tutte le circostanze concrete rilevanti alla luce dei criteri citati al par. 2, comma 1, dell’art. 98 di detto regolamento, vale a dire la natura dell’irregolarità constatata, la gravità della stessa e la perdita finanziaria che ne è risultata per il fondo interessato”.

 

  1. Corte di giustizia dell’UE, sez. IV, 27 ottobre 2016, C-292/15, GmbH (oggetto della News US 8 novembre 2016), secondo la quale “l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, deve essere interpretato nel senso che, nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus, l’articolo 4, paragrafo 7, di tale regolamento – che prevede la limitazione del ricorso al subappalto (commisurata in funzione dei chilometri tabellari) – deve ritenersi applicabile a tale appalto. L’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento n. 1370/2007, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’amministrazione aggiudicatrice stabilisca nella misura del 70% la quota di fornitura diretta da parte dell’operatore a cui è affidata la gestione e la prestazione di un servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus, come quello oggetto del procedimento principale”;

 

  1. Corte giustizia dell’UE sez. V, 5 aprile 2017, C-298/2015, Borta» UAB, secondo cui “per gli appalti pubblici di rilievo transfrontaliero, anche se sotto la soglia di applicazione delle direttive europee, è interesse dell’Unione che l’apertura della procedura alla concorrenza sia la più ampia possibile, e il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo. Pertanto, una disposizione nazionale, che preveda che in caso di ricorso a subappaltatori per eseguire un appalto pubblico di lavori, l’aggiudicatario sia tenuto a realizzare l’opera principale, come descritta dall’amministrazione aggiudicatrice, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi”.

 

  1. sulla nuova disciplina  del subappalto, il parere reso sul nuovo codice dei contratti pubblici da Cons. Stato, comm. spec., 1 aprile 2016, n. 464 (oltre a quello già citato  reso sullo schema di decreto correttivo);

 

  1. Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9 (in Foro it., 2016, III, 65, con nota di CONDORELLI; Riv. neldiritto, 2016, 285, con nota di BRICI; Contratti Stato e enti pubbl., 2015, fasc. 4, 87, con nota di VESPIGNANI; Urbanistica e appalti, 2016, 167, con nota di GASTALDO, LONGO, CANZONIERI; Giornale dir. amm., 2016, 365 (m), con nota di GALLI, CAVINA; Nuovo dir. amm., 2016, fasc. 3, 53, con nota di NARDOCCI), resa sulla previgente disciplina, in ordine agli obblighi dichiarativi da assolvere sin dalla presentazione della domanda di partecipazione alla gara con specifico riferimento all’individuazione nominativa del subappaltatore, secondo cui: “in sede di offerta, non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, qualora la concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni”. Con tale affermazione l’Adunanza plenaria ha inteso risolvere il contrasto giurisprudenziale in tema di subappalto necessario, escludendo dunque l’obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappalto già in sede di presentazione dell’offerta, anche “nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili” previste dall’art. 107 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara;

 

  1. in dottrina sull’art. 105, comma 2, nuovo codice contratti pubblici, e, più in generale, sul subappalto fra vecchia e nuova disciplina, v. R. DE NICTOLIS, I nuovi appalti pubblici, Bologna, 2017, 1488 e 1498 ss..; per la disciplina previgente, A. DI RUZZA, C. LINDA, commento all’art. 118, in Codice dell’appalto pubblico, a cura di S. BACCARINI, G. CHINÈ, R. PROIETTI, Milano, Giuffrè, 2015, 1366 ss.; V. Di Iorio, G.A. Giuffrè, Il subappalto, in Manuale di Diritto Amministrativo. IV. I contratti pubblici, a cura di F. Caringella, M. Giustiniani, Roma, Dike, 2014, 1378 ss.;

 

sulla competenza legislativa fra stato e regioni specie anche avuto riguardo al subappalto, Corte cost., 17 dicembre 2008, n. 411 (in Foro amm. CDS 2009, 5, 1192 con nota di CASALINI; Corriere giur., 2009, 640, con nota di MUSOLINO; Urbanistica e appalti, 2009, 301, con nota di CONTESSA), secondo cui: “sono costituzionalmente illegittimi gli art. 57, 58, 59 e 60 l. reg. Sardegna 7 agosto 2007 n. 5. Premesso che la disciplina degli appalti pubblici, intesa in senso complessivo, include diversi “ambiti di legislazione”, con conseguente interferenza fra materie di competenza statale e materie di competenza regionale – interferenza che, tuttavia, si atteggia in modo peculiare, non realizzandosi normalmente in un intreccio in senso stretto, ma con la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa in relazione agli oggetti riconducibili alla competenza esclusiva statale, esercitata con le norme recate dal d.lg. n. 163 del 2006 – e premesso altresì che lo statuto della regione Sardegna, all’art. 3, lett. e), attribuisce alla medesima una competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale, alla quale non appartengono le norme relative alle procedure di gara ed all’esecuzione del rapporto contrattuale, che costituiscono invece oggetto delle disposizioni del citato d.lg. n. 163 del 2006 (codice dei contratti), alle quali, pertanto, il legislatore regionale dovrebbe adeguarsi, le disposizioni censurate ledono la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in quanto, esorbitando dai limiti della potestà legislativa esclusiva regionale in materia di lavori pubblici di interesse regionale, regolano, rispettivamente, la consegna dei lavori, l’inizio delle prestazioni del fornitore o del prestatore di servizi, la sospensione dell’esecuzione, il subappalto, il collaudo e la regolare esecuzione delle commesse, nonché il collaudo dei lavori pubblici, in modo difforme da quanto stabilito dallo Stato nelle corrispondenti norme del d.lg. n. 163 del 2006. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura”.

 

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it