Dicembre 2016
La Corte di Giustizia precisa ulteriormente la nozione di appalto rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina europea
Corte giust. comm. ue., sez. III, 21 dicembre 2016, C- 51/15, Remondis GmbH
Contratti pubblici – Appalto – Accordo fra enti territoriali – Esclusione – Condizioni.
L’art. 1, par. 2, lett. a), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un appalto pubblico un accordo concluso tra due enti territoriali, sulla base del quale questi ultimi adottano uno statuto che istituisce un consorzio intercomunale, persona giuridica di diritto pubblico, e trasferisce a tale nuovo ente pubblico talune competenze di cui tali enti erano investiti fino ad allora e che sono ormai proprie di tale consorzio intercomunale. Tuttavia, un tale trasferimento di competenze riguardante l’espletamento di compiti pubblici può sussistere soltanto se riguarda sia le responsabilità connesse alla competenza trasferita sia i poteri che sono il corollario di quest’ultima, in modo che la nuova autorità pubblica competente disponga di un’autonomia decisionale e finanziaria, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
- – Con la pronuncia in epigrafe la Corte di giustizia prosegue l’opera di precisazione della nozione di appalto, ai fini dell’applicabilità della conseguente disciplina europea, riallacciandosi ai principi elaborati di recente nelle sentenze sez. V, 2 giugno 2016, C- 410/14, Falk Pharma (oggetto della News US in data 6 luglio 2016); sez. V, 11 dicembre 2014, C-113/13, Asl n. 5 Spezzino, in Foro it., 2015, IV, 145, con note di PALMIERI e ALBANESE; sez. V, 18 dicembre 2014, n. 568, in Foro Amministrativo, 2014, 12, 2706 con nota di PALAZZO, cui si rinvia per ogni riferimento di dottrina e giurisprudenza.
La fattispecie sottoposta alla Corte da un giudice tedesco riguarda un accordo tra due enti territoriali, in base al quale tali enti costituiscono mediante statuto un’associazione di enti pubblici per la realizzazione di compiti comuni, dotato di personalità giuridica propria, che da quel momento assolve sotto la propria responsabilità determinati compiti prima spettanti agli enti partecipanti; in particolare, la questione verte sulla qualificazione di tale ipotesi alla stregua di un appalto pubblico ai sensi dell’art. 1, par. 2, lett. a), della direttiva 2004/18, allorché tale trasferimento di compiti riguardi prestazioni di servizi ai sensi della citata direttiva e avvenga dietro pagamento di un corrispettivo.
- – Nell’impostare il ragionamento che ha portato alla soluzione – negativa – di cui alla massima, la sentenza parte dalla definizione di appalto pubblico: è tale, secondo la disciplina europea, un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici avente per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi di tale direttiva. Alla luce di tale definizione, ai fini della possibile qualificazione come appalto pubblico di un’operazione articolata in diverse fasi, tale operazione deve essere esaminata nel suo complesso e tenendo conto del suo obiettivo. La Corte ricorda, inoltre, come solo un contratto stipulato a titolo oneroso possa costituire un appalto pubblico che ricade nell’ambito della direttiva 2004/18, poiché tale carattere oneroso implica che l’amministrazione aggiudicatrice che aggiudica un appalto pubblico riceva, in base allo stesso, a fronte di un corrispettivo, una prestazione che deve implicare un interesse economico diretto per tale amministrazione aggiudicatrice. Il carattere sinallagmatico del contratto è quindi una caratteristica essenziale di un appalto pubblico.
III. – Secondo la Corte:
- a) il fatto stesso che un’autorità pubblica sia esonerata da una competenza di cui era precedentemente investita fa venir meno ogni suo interesse economico alla realizzazione dei compiti che corrispondono a tale competenza; da ciò ne consegue che la riassegnazione degli strumenti utilizzati per l’esercizio della competenza, che sono trasmessi dall’autorità che cessa di essere competente a quella che lo diventa, non può essere valutata come pagamento di un prezzo, ma costituisce, al contrario, una conseguenza logica, se non necessaria, del trasferimento volontario o della riattribuzione imposta di tale competenza della prima autorità alla seconda;
- b) per essere considerato come tale, un trasferimento di competenze deve riguardare non soltanto le responsabilità connesse alla competenza trasferita, ma anche i poteri che sono il corollario di quest’ultima; ciò richiede che l’autorità pubblica che si vede investita di una competenza abbia il potere di organizzare la realizzazione dei compiti che rientrano in tale competenza nonché di stabilire il quadro normativo relativo a tali compiti e che disponga di un’autonomia finanziaria che consenta di garantire il finanziamento dei suddetti compiti.
- – Per completezza si segnalano in materia di cooperazione fra enti pubblici e disciplina sugli appalti (c.d. partenariato pubblico – pubblico):
- c) Corte giust. comm. ue, sez. IV, 8 dicembre 2016, C-553/15, Undis (oggetto della News in data 14 dicembre 2016 cui si rinvia per ogni riferimento sull’in house orizzontale e verticale);
- d) Tar Milano, sez. I, 24 ottobre 2013, n. 2361, in Guida al diritto 2013, 46, 70, con nota di PONTE, e Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2013, n. 873.
FONTE: www.giustizia-amministrativa.it